Eutanasia, il discrimine è il dolore
IL PICCOLO (Trieste) “Eutanasia, il discrimine è il dolore”
Mina Welby a Trieste: «Non c’è una lotta tra chi vuole vivere e chi vuole morire»
In Olanda le richieste sono 8500 all’anno
pagina 16 – «Non c’è una lotta tra chi vuole vivere e tra chi vuole morire, tirata fuori sull’onda di una trasmissione televisiva». Lo dice Mina, la moglie di Piergiorgio Welby, parlando di eutanasia e diritto alla morte, ieri in occasione dell’incontro organizzato dall’Associazione LageLanden – TerreBasse con la Comunità valdese e metodista. La bufera sul pro vita e sul pro morte si era scatenata dopo la partecipazione di Mina Welby alla penultima puntata della trasmissione di Fazio e Saviano “Vieni via con me”. Nella sua lista aveva raccontato le stesse cose che anche ieri ha voluto ricordare, di una storia d’amore e di un percorso condiviso assieme al marito da anni ammalato di distrofia muscolare progressiva.
Un percorso iniziato nel 2002, quando anche il Sinodo della chiesa valdese pubblica un documento sul fine vita, sull’autonomia delle decisioni, e contemporaneamente in Belgio e in Olanda si approvano le leggi sull’eutanasia. Quando la sua malattia stava peggiorando Piergiorgio ha iniziato a fare delle ricerche sull’eutanasia, voleva arrivare a un progetto di legge sull’eutanasia anche per l’Italia, perché non esiste un altro modo di uscire dalla vita quando la sofferenza è troppo grande. Ormai si sentiva veramente male, era troppo stanco, anche se non si lamentava mai», racconta Mina Welby. Tutto era già stato deciso Piergiorgio Welby, con una certa ironia le aveva detto: «Prima di Natale, mercoledì subito dopo la trasmissione di Rai uno Affari tuoi», e poi aveva anche espresso il desiderio di ascoltare la Primavera di Vivaldi, dice Mina Welby: «Ma non la trovavo e così mi disse metti Bob Dylan. Per caso la canzone era “This night I will stay with you”, questa sera io sarò con te, fu un rivelazione».
Mina Welby racconta quei momenti con sincerità, non nascondendo il dolore: «Per me è stata una fitta, ma lo vedevo sereno e così ero serena anch’io». E poi spiega dell’importanza di una italiana legge sull’eutanasia: «Nel disegno di legge Calabrò che dovrebbe essere discusso a dicembre ma che probabilmente non lo sarà, si cita più volte il codice penale che indica l’eutanasia come un suicidio assistito, come un favoreggiamento al suicidio o addirittura omicidio del consenziente. In Italia ci sono dei medici che praticano l’eutanasia passiva, perché non c’è altro modo per alleviare il dolore se non con la morte che non può che essere un bene. Il medico di Piergiorgio, il dottor Riccio, gli ha somministrato la giusta dose di anestesia perché lui non soffrisse, per andare via serenamente».
Ieri è stato presentato anche un video realizzato da Juul Bovenberg “L’ultimo dilemma” storie di eutanasia nei Paesi Bassi. In Olanda ogni anno ci sono più di 8500 richieste, ma solo un terzo viene accolto, il documentario che è stato tramesso anche dalla tv pubblica olandese racconta le storie di chi ha scelto la dolce morte. «In Olanda – spiega la regista Juul Bovenberg – la legge sull’eutanasia è trasparente ed efficace, quando ho deciso di fare questo documentario non sapevo se ero favorevole o contraria all’eutanasia, ma un medico mi disse che basta non essere contro questa possibilità. La legge poi esiste per semplificare l’operato del medico che deve avere uno stretto rapporto con il paziente, conoscere la sua malattia». A parlare di eutanasia anche Ruggero Marchetti, pastore della comunità valdese e metodista di Trieste: «In Italia questi temi si affrontano urlando. La nostra chiesa vive da anni questa scommessa e vive le sfide della modernità. Le storie raccontate nel video invitano a riflettere su un tema importante».
Mina Welby ha voluto ricordare infine il grande regista Mario Monicelli che lunedì si è ucciso buttandosi dal quinto piano dell’Ospedale San Giovanni di Roma. «Ogni anno ci sono mille suicidi in Italia, se ci fosse invece una legge sull’eutanasia forse diminuirebbero. Lo ammiro Mario Monicelli per il suo coraggio, per averci dato un esempio di grande coraggio che se c’è te lo porti dentro». Mario Monicelli aveva commentato così la storia di Welby: «La vicenda di Piergiorgio Welby? È un tema che si potrebbe trattare con una commedia, ironizzando e mettendo in ridicolo quelli che pensano che questo disgraziato debba rimanere lì a soffrire, non si sa per chi».
Ivana Gherbaz