In ricordo di Italo Corai

Un protagonista delle lotte per i diritti civili – Italo Corai l’11 marzo 2011, nella sua casa di Pordenone. Probabilmente un infarto, o un ictus, ha spento un nostro caro amico e un attivista storico (è propri il caso di dirlo) del Fuori! e del Partito Radicale, senza dimenticare le tante iniziative con il variegato arcipelago verde, antimilitarista, antiproibizionista locale e nazionale.

Una persona solare, piena di gioia di vivere e di senso dell’umorismo, a cui non mancavano coraggio e decisione, che rimarrà, nella mia memoria ed in quella dei tanti che lo hanno conosciuto come uno degli esempi più fulgidi di quella tipologia di militante autenticamente radicale (anche nei periodi di relativa freddezza o dissonanza) proveniente dalle file del Fuori!, che ha riempito le sedi del partito a partire dalla seconda metà degli anni ’70.

Italo è stato un autentico protagonista ed animatore di tantissime battaglie libertarie, antimilitariste, nonviolente nella sua città e nella sua Regione, sempre fedele ai principi di laicità e libertà che viveva con gioiosità nella vita personale come nella vita pubblica.
Impossibile elencare le sue iniziative, ed io personalmente faccio fatica a ricordare un periodo della mia esperienza politica dove Italo non fosse presente.

E’ stato un amico attento, che qualche volta mascherava i suoi sentimenti dietro una sana ironia, la cui autenticità era però fuori discussione, e che solo la lontananza ha impedito che potessimo coltivare di più. Ha lasciato due libri (forse altri? In gestazione e/o preparazione?), tantissimo affetto nelle persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato ed una presenza sicura nel firmamento di coloro che hanno impegnato la loro vita per migliorare il mondo e la realtà delle persone omosessuali di questo paese.
Ciao Italo, che la terra ti sia lieve, così come lieve e denso di affetti e di impegni è stato il tuo passaggio su di essa.

Di Enzo Cucco

Mario Puiatti: “Io e Italo, uomini da marciapiede” – «Io e Italo, due uomini da marciapiede, non da salotto». L’ex consigliere regionale, Mario Puiatti, è sgomento per una morte improvvisa, che non ci si aspettava. Un decesso che ora obbliga a srotolare il nastro della memoria.

Quando incontrò per la prima volta Corai? «L’ho conosciuto alla fine del 1973. Avevo affittato, per un sabato pomeriggio, il teatro Verdi, spendendo di tasca mia 5 milioni di allora, dove si tenne una manifestazione in difesa del divorzio. All’ingresso era stato lasciato un questionario: chi voleva collaborare poteva segnalare il suo nominativo. Raccolsi 180 schede, tra le quali quella di Italo che incontrai alla Casa dello studente dopo poco. Da allora le nostre strade non si sono mai separate. Nel ’74 abbiamo fondato la prima sezione radicale, nel ’79 la lista per l’alternativa, nel ’90 i Verdi colomba, passando per tanti referendum».

La sua personale sensibilità lo portò a farsi promotore di tante iniziative per la difesa degli omosessuali… «Sarebbe però sbagliato circoscrivere il suo impegno solo a quel campo. In realtà lui è stato un uomo che si è impegnato per l’affermazione dei diritti civili a tutto campo. Certo, è stato un omosessuale che ha lottato in piazza, ma anche in privato. Ricordo l’assistenza personale che diede ai primi malati di Aids: era presente in quelle stanze d’ospedale più che i parenti degli ammalati che avevano paura di avvicinarsi. Italo era un laico impegnato, una persona colta e disponibile, che dava senza ricevere in cambio prebende o incarichi in enti o consigli di amministrazione».

Quali battaglie ricorda ora che non c’è più? «Tante. Solo per citarne alcune, contestammo insieme al Fronte radicali invalidi l’inaugurazione di un sottopasso nel 1978 perché costruito con le barriere architettoniche. Ci portò via di peso la polizia. Oppure quella volta che strappammo davanti ai giornalisti i manifesti comunali del IV Novembre affissi abusivamente. Il procuratore presso la Pretura di allora ci denunciò. Fummo rinviati a giudizio e subimmo nove processi, anche per il cambio del capo d’imputazione, fino alla Corte costituzionale, ma fummo assolti».

Che atteggiamento aveva la città nei suoi confronti? «A parte qualche episodio di discriminazione, tutto sommato banale, era una persona stimata, a partire dai genitori dei suoi allievi e dai suoi colleghi. Oggi si parla tanto di Pordenone come una città aperta: ebbene se c’è stata una crescita culturale e civile lo si deve in parte anche a lui. Resta, però, una beffa».

Quale? «Italo non potrà essere cremato a Pordenone, dove non è attivo alcun impianto, nonostante vent’anni di battaglie».

(*ste.pol., da “Il Messaggero Veneto”)

Le donne di Italo – Quando è stata l’ultima volta? Al penultimo congresso di Chianciano? E ancora prima, al congresso dell’associazione Luca Coscioni a Udine, o a una manifestazione a Pordenone, durante la campagna elettorale…Come sempre sorridente anche quando ti raccontava incredibili storie con risvolti tragici; oppure tutto preso da una cagnetta che era lei la vera padrona, o a raccontarti delle nipotine…

Voglio qui ricordare Italo per quello che aveva scritto. Ne ha fatto cenno anche Enzo Cucco. Un giorno il postino recapita un pacchetto, era “Donne a Nord-Est!”: otto racconti, che ti afferrano alla distanza, procedono con passo apparentemente lento ma sicuro: metodo e cifra di una certa provincia e di un suo modo d’essere. Si comincia con l’enigmatica Eva, poi la Signorina Angelica, la non conformista Zia Carolina, la forte e determinata Leonilde…Caratteri tipici del Nord-Est d’Italia? Chissà. Sono prototipi di donne che in verità si trovano un po’ ovunque: il Friuli non pretenda di averne il monopolio.

Sono racconti che – da inguaribili “guardoni” letterari quali si confessa d’essere – ci sarebbe piaciuto fossero stati preceduti da una qualche riga di “spiegazione del fatto”: quando sono stati scritti? Come, quando, e da chi sono stati ispirati? Come si è sviluppata la loro genesi? Per tutte, la padrona dell’osteria di Spilimbergo, che se ne sta ritta sulla porta, “fa i calcoli e lascia che sia il disagio a renderla indispensabile”, con i capelli rosso Tiziano, “pronta per ricevere le ordinazioni, ma sarebbe anche pronta a scendere in pista e per scatenarsi in un ballo ‘apache’. E’ la personificazione del brio “parigino” e della Neuchatel. Tutto dall’abbigliamento al linguaggio dei gesti, è un omaggio destinato al forestiero, un dono spontaneo senza secondi fini che non aspetta riscontro”. Piacerebbe conoscerlo, un tipo così, che dalla vita ha appreso l’essenziale, maturando la convinzione “che la cosa più importante non è tanto la varietà dei civi che si è in grado di offrire all’avventore, quanto il modo in cui si offre ciò che si ha”.

Corai si è limitato a confidare che la sua è “una carrellata” di donne, ritratte “nei loro aspetti più divertenti e sconosciuti, percorrendo tappe più o meno significative della vita umana, analizzata con ironia sottile e capacità di osservazione; e ne ricava il paradigma di un universo femminile complesso e complicato, da approfondire con la “curiosità di chi non finisce mai di imparare”. Sono personaggi vivi, ritratti palpitanti, le donne di Corai, che ha l’astuzia di assumersi il compito di medium, le ascolta paziente, lascia che si esprimano liberamente e le descrive con un tocco “leggero” fatto di sostanza.

Ci si augurava che altri di questi “caratteri” potessero emergere dai cassetti dove certamente erano stati riposti. Non c’è giustizia nel fatto che Italo non abbia fatto in tempo…

Di Valter Vecellio

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