Un Guariniello per FonSai

di Walter Mendizza

La Corte d’Assise di Torino ha comminato 16 anni e mezzo di carcere per omicidio volontario all’amministratore delegato della ThyssenKrupp Harald Espenhahn, 45 anni di Essen, per il rogo del 6 dicembre 2007 sulla linea cinque delle acciaierie di Torino che provocò la morte di 7 operai. Ci sono volute quasi un centinaio di udienze per i familiari dei sette operai morti quella tragica notte.

Si tratta di una svolta, come si usa dire adesso, “epocale”, una svolta che farà storia, farà dottrina e giurisprudenza. Non era mai successo che per una vicenda lavorativa, ancorché tragica, venisse riconosciuto il dolo eventuale. Non era mai successo che si ritenessero responsabili di una colpa grave il management dell’impianto dove si verificò la tragedia. Non era mai successo. Però adesso sì.

Ormai ci eravamo assuefatti agli incidenti sul lavoro, avevamo sviluppato una sorta di apatia, di indifferenza ad una strage consueta e silenziosa poiché non passa giorno senza qualche incidente. Ora questo muto sterminio ha incontrato finalmente un precedente straordinario per la severità delle pene comminate e per il tipo di accusa: omicidio volontario con dolo eventuale. Quello che è avvenuto nel Tribunale di Torino ci dice che in un’Italia che ha conosciuto solo controriforme e mai nessuna riforma e che per questo è in perenne ricerca di una riforma della giustizia, in questa Italia all’improvviso accade qualcosa di inatteso: abbiamo messo un precedente dimostrando a noi stessi che gli strumenti attuali sono perfettamente in grado di cercare, individuare e conseguire giustizia.

Al banco degli imputati, oltre all’amministratore delegato condannato per omicidio, c’erano anche il responsabile della sicurezza, il responsabile dello stabilimento torinese, un membro del comitato esecutivo dell’azienda, e altri dirigenti accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche. Condannati tutti a più di 10 anni. È la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati sono stati condannati a pene così alte. Inoltre, la società chiamata in causa come responsabile civile, è stata condannata al pagamento della sanzione di un milione di euro, all’esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro, con la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali «La Stampa», «La Repubblica» e il «Corriere della Sera».

Ovviamente, la sentenza non servirà a ridare la vita a quei sette operai, ma servirà a fare più attenzione, a fare il proprio dovere nei migliori dei modi, a seguire i protocolli di sicurezza … insomma a diventare finalmente adulti, professionali, responsabili. L’altro insegnamento che ne possiamo trarre è che in tema di sicurezza la severa prevenzione resta la strada maestra. Però è proprio su questo punto che vorrei accendere una riflessione: se non ci fosse stato tutto quel clamore mediatico, la sentenza sarebbe stata così severa? Ogni giorno, mediamente, tre lavoratori non tornano a casa per infortuni sul lavoro. Sono tutti innocenti i datori di lavoro di questi lavoratori? Come mai non vengono seguiti, inseguiti e perseguiti con la stessa severità dei dirigenti della ThyssenKrupp? E poi, questo discorso vale solo per la sicurezza nel lavoro o per la sicurezza tout court? Vale solo per i dirigenti direttamente coinvolti o per l’intero Consiglio di Amministrazione? Gli amministratori non devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico (art. 2392 c.c.) e dalle loro specifiche competenze?
Tempo fa ho denunciato una presunta truffa che una compagnia di assicurazioni del gruppo FonSai fece ai danni dei riassicuratori nel disastro aereo dell’ATR avvenuto in Pristina nel Kosovo il 12 novembre del 1999. In quell’occasione la copertura assicurativa del velivolo era sospesa perché al momento del volo non era stato pagato il premio, ma la compagnia assicurativa omise di dare la prescritta comunicazione all’ENAC. Se tale comunicazione fosse stata data, l’Ente (ENAC) avrebbe notificato il divieto di volare per il velivolo coinvolto salvando la vita a 24 persone. Ciononostante, la denuncia fatta non ha mai avuto granché seguito neppure tra i giornalisti. Perché?

Il problema in questo caso è che non c’è notizia. Perciò a nessun giornalista gli interessa perdere tempo a capire di cosa si tratta tutta la vicenda. E non c’è notizia perché il comportamento omertoso e collusivo passa inosservato giacché la compagnia pagò tutto subito a tutti, sia alla proprietà del velivolo, sia ai famigliari coinvolti, nonostante non avesse ricevuto il premio nei tempi contrattualmente previsti.

E perché la compagnia della FonSai decise di pagare quasi 25 milioni di dollari senza batter ciglio? Perché il rischio era molto frazionato e fu ceduto ai riassicuratori e coassicuratori per oltre il 99%. A Roma si direbbe che “fanno er frocio col culo dejaltri”, cioè siccome i soldi non erano della compagnia, i dirigenti hanno deciso di pagare immediatamente per evitare eventuali scandali che certamente sarebbero venuti fuori se si fosse venuto a sapere che il premio non era stato pagato. E come hanno fatto i furbetti di quel quartierino ad ingannare decine di riassicuratori e coassicuratori? Semplice, per far sì che tutto quadrasse i furbetti fecero alterare la data del pagamento (il premio fu pagato *dopo* il disastro) retrodatandola in modo che figurasse avvenuto *prima* del disastro.

Nel caso ThyssenKrupp l’amministratore delegato cancellò incautamente le spese per la sicurezza antincendio giacché l’impianto era destinato alla chiusura. Fece una cosa logica. Riprovevole ma logica. Tolse una spesa certa di bilancio contro un rischio che valutò accettabile in quanto altamente improbabile. Purtroppo gli andò male e, scoperto, tutti rimasero profondamente indignati per tale meschinità: la bieca multinazionale malvagia, infame, prepotente e sanguisuga che sfrutta i lavoratori e lesina sulle spese della sicurezza. Messa così, non sorprende che si sia levato un coro di applausi per la dura condanna, anzi, se fosse stato applicato il 41 bis, il carcere duro per l’incauto amministratore, si sarebbe riunita una folla plaudente davanti il tribunale e avrebbero fatto del pubblico ministero Raffaele Guariniello una sorta di eroe chiedendo a viva voce che lo facessero “Santo Subito”!

Dall’altra parte, invece, abbiamo una compagnia di assicurazione alla quale non le viene pagato il premio per un velivolo e succede l’incidente. I morti furono 24, più del triplo dell’incidente della ThyssenKrupp. Ma mentre i dirigenti di ThyssenKrupp si resero colpevole perché non fecero nulla, quelli della compagnia del gruppo FonSai decisero invece di falsificare le date del pagamento del premio mettendo in atto un piano criminale e attuando una insederata cosmica nei confronti dei riassicuratori. Come se non bastasse, tempo dopo l’a.d. decide di licenziare con pretesti assurdi e fuorvianti il management che non si allineava al comportamento banditesco. Sorge spontanea la domanda: come mai né i giornalisti, né il giudice che doveva giudicare sul licenziamento e che pur proveniva dal penale non si interessarono al caso? Forse nel caso dei giornalisti la risposta è semplice: perché il caso non fa notizia. La condotta criminale in fin di conti viene “letta” perfino come una buona azione. In fondo, la compagnia non aveva l’obbligo di pagare alcunché ai danneggiati e ciononostante li risarcisce ugualmente. Sembra quasi un comportamento da Robin Hood. Dove sta la notizia?

Ma come? A nessuno viene in mente che se i dirigenti avessero segnalato il mancato pagamento del premio l’Enac non avrebbe fatto volare quell’aereo e che così si sarebbero salvate quelle 24 persone? Forse viene in mente, solo che conoscendo le lungaggini della giustizia italiana (30 anni e non si è trovato ancora un colpevole per l’incidente di Ustica e nessuno è stato risarcito) molti avranno pensato chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato … Tuttavia con la sentenza del caso ThyssenKrupp, qualcosa è cambiato. Anche nel Paese di Machiavelli dove i mezzi non prefigurano i fini ma li giustificano, qualcuno, forse, potrà un giorno fare giustizia anche per quelle 24 anime ignare del tragico destino cui andavano incontro.

Quella di Thyssen è una svolta che farà storia, farà dottrina e farà giurisprudenza. Adesso attendiamo un Guariniello per FonSai.

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