Ecco perché i referendum fanno paura: Gorizia
NOTIZIE RADICALI 16/06/2011 – Ecco perché i referendum fanno paura: Gorizia
di Diego Galli – E’ stato da poco pubblicato anche in Italia (dopo Serbia, Georgia, Ucraina, Iran, Libano, Egitto e Tunisia), il manuale “Come abbattere un regime”. L’amministrazione comunale di Gorizia potrebbe scrivere un manuale speculare ed opposto su “Come si boicotta un referendum”.
A Gorizia, come a Milano, Piacenza e alcuni comuni in provincia di Lecce, oltre ai 4 referendum nazionali si votavano alcuni referendum comunali. Ma mentre in tutte le altre città citate i referendum comunali potevano essere votati negli stessi seggi e con gli stessi orari di quelli nazionali, a Gorizia non è andata così.
Ma andiamo con ordine. I referendum goriziani hanno molte ragioni di importanza: sono i primi referendum comunali che si tengono a Gorizia; riguardano l’ampliamento dei poteri referendari (abolizione del quorum, composizione non partitocratica del comitato di garanti dei referendum, introduzione della delibera di iniziativa popolare); e infine sono frutto di una battaglia legale vincente contro la non ammissione da parte del Comitato dei garanti nominato dal Comune di 3 quesiti referendari su cui già erano state raccolte le firme due anni fa.
Il Tribunale di Gorizia a ottobre del 2010 ha dato ragione al comitato promotore radicale giudicando ammissibili due referendum che il Comitato aveva respinto.
Ed ecco i radicali ripartire con la raccolta firme insieme ai Verdi per riproporre i quesiti a suo tempo bocciati, insieme a un referendum per introdurre il registro comunale dei testamenti biologici. Vengono raccolte ben 1.875 firme (su 30.944 aventi diritto, quindi oltre il 6% degli elettori). Ancora una volta il Comitato dei garanti respinge il nuovo referendum (quelli vecchi non poteva respingerli dopo la sentenza del tribunale), su cui è in atto un ricorso che verrà deciso a settembre.
E qui inizia la lunga serie di provvedimenti per impedire il raggiungimento del quorum da parte di questi referendum (che ricordiamo è del 50% + 1 degli aventi diritto). Elenchiamoli:
- viene votata una deroga allo Statuto per consentire di convocare i referendum comunali solo 45 giorni prima il voto, e non 60 come previsto dalla legge comunale
- sui referendum locali hanno diritto di voto anche gli stranieri residenti a Gorizia, previa registrazione in un apposito registro. L’affissione all’albo pretorio che dava informazione a questi aventi diritto della possibilità di registrarsi è del 24 maggio con scadenza per l’iscrizione nel registro separato il 28 maggio
- sul sito del Comune non compaiono informazioni sui referendum comunali fino al 3 giugno
- è stata violato il regolamento comunale per i referendum che all’articolo 10 prevedeva l’obbligo di sentire il comitato promotore prima di fissare la data dei referendum
- e infatti la data dei referendum comunali viene fissata per il solo 12 giugno, e non anche il 13 giugno come gli altri referendum (diversamente si comportano i comuni di Milano, Piacenza e in provincia di Lecce)
- i referendum comunali si votano soltanto dalle 8 alle 20 del 12 giugno, mentre lo stesso giorno i seggi sono aperti dalle 8 alle 22
- i referendum comunali si votavano in seggi diversi da quelli dei nazionali. Sono stati adibiti solo 17 seggi per la consultazione locale a fronte dei 55 in cui si è votato per i quesiti nazionali
- i seggi in alcuni casi sono collocati su piani e stanze diverse. Una giornalista di Telemare, Maria Ferletic, testimonia come nel suo seggio non ci fosse alcun avviso per indicare i seggi dei referendum comunali, i presidenti di seggio non davano informazioni in proposito agli elettori, e addirittura un funzionario addetto alle informazioni riteneva che non fosse suo compito fornirne in merito alla possibilità di votare i referendum comunali. Ascolta l’intervista
- nel seggio del centro civico di Lucinico la sezione elettorale per i referendum comunali era al primo piano, ed erano stati arruolati dei volontari per il trasposto fisico delle persone anziane e invalide al piano di sopra. Il presidente del seggio al piano di sopra ha detto al volontario a metà giornata che non c’era più bisogno che stesse lì
- al contrario di quanto avvenuto ad esempio a Milano, non c’è stato alcun protocollo di intesa tra Comune, Prefettura e Comitato Promotore per la gestione e l’organizzazione della consultazione.
Riporta un servizio del quotidiano locale Il Piccolo del 13 giugno «Specie in alcuni momenti della giornata, si sono formate lunghe file ed i tempi di attesa per accedere alle urne si sono dilatati a dismisura. Alla fine della mattinata di ieri, ad esempio, il “movimento” maggiore si registrava al seggio ospitato dalla scuola Rismondo di San Rocco. Lunghe file e così qualcuno, scoraggiato dall’attesa, ha anche preferito fare dietrofront, ripromettendosi di passare nel pomeriggio. (…) «Anche io ho partecipato ad entrambe le consultazioni, come del resto tutte le persone che conosco – aggiunge Lidia Devetak, lasciando l’Istituto d’Arte -. Sarebbe però stato meglio poter votare nella stessa stanza: ho una zia molto anziana che ha fatto fatica a raggiungere le due sezioni separate». Sempre in piazza Medaglie d’Oro discreta affluenza anche ai referendum nazionali. «Molti però non erano a conoscenza della consultazione comunale, e siamo stati noi a doverli indirizzare», precisa il presidente Gabriele Di Casola. (…) Al seggio della Locchi di via Leopardi un ragazzo, in procinto di votare per la consultazione nazionale, ci confessa di non essere assolutamente a conoscenza del referendum locale».
I risultati di questa opera di vero e proprio boicottaggio attivo del voto dei cittadini ha sortito ovviamente i suoi effetti. Nonostante Gorizia abbia registrato la percentuale di partecipazione più alta del Friuli Venezia Giulia sui referendum nazionale (circa il 68%), solo il 25% (circa 7.600 elettori) degli eventi diritto ha votato i referendum consultivi comunali, dando comunque un voto a schiacciante maggioranza a favore delle proposte (tra l’88 e il 95% per il sì a seconda dei quesiti).
Appare ancora più stupefacente alla luce di questi fatti la dichiarazione rilasciata dal sindaco, Ettore Romoli: «I referendari hanno sbagliato a voler far svolgere la consultazione in contemporanea con i referendum nazionali. Pensavano che chi si sarebbe espresso contro il nucleare, avrebbe votato automaticamente anche per i quesiti comunali. Ma così non è stato. Avrebbero potuto far svolgere i referendum in una data diversa, come aveva suggerito il sottoscritto. In questa maniera, avrebbero avuto più tempo a disposizione per illustrarli adeguatamente alla popolazione».
Il sindaco e la maggioranza che lo sostiene evidentemente ha paura della possibilità per i cittadini di poter intervenire nella politica cittadina attraverso strumenti di iniziativa diretta e referendum.
Dopo aver ottenuto il mancato raggiungimento del quorum, e dovendo rispondere alla pesanti accuse del radicale Pietro Pipi del comitato promotore, prova addirittura a mostrarsi pronto a gentili concessioni: «Capisco la delusione del radicale Pietro Pipi e comprendo anche che cerchi un capo espiatorio – sottolinea Romoli -. Come detto, il primo quesito può essere accoglibile anche se, naturalmente, deve essere il Consiglio a esprimersi in merito. Riguardo al secondo, quello relativo all’annullamento del quorum nei quesiti comunali, ritengo che una percentuale di partecipazione vada comunque mantenuta. Potremo abbassarla dal 50 per cento più uno attuale al 40%. Il terzo quesito, invece, va riformulato completamente».
Ma l’iniziativa diretta dei cittadini non prevede gentili concessioni, ma diritti esigibili e possibilità di pronunciarsi. Proprio quello che è stato impedito lo scorso 12 giugno a Gorizia.