I pifferi delle assicurazioni
NOTIZIE RADICALI 15/03/2013 – I pifferi delle assicurazioni
di Walter Mendizza
Da più di dieci anni e in tempi non sospetti ho scritto (soprattutto su questo giornale) una quantità di articoli che denunciavano il comportamento predatorio e distorsivo del mercato delle compagnie del gruppo Ligresti (SAI – Milano e controllate Sasa Liguria ecc). Alcuni titoli solo degli ultimi articoli:
• Ligresti: il capitalismo predatorio e la peste italiana (N.R.: 18/11/2010)
• Fonsai ci riprova (N.R.: 26/01/2011)
• I buoni a nulla perdono un miliardo. I capaci di tutto lo ripristinano (N.R.: 5/04/2011)
• Un Guariniello per Fonsai (N.R.: 19/04/2011)
• Un ATR precipita nel Kosovo. L’ennesimo mistero italiano (N.R.: 30/06/2011)
• Fonsai o meglio: affonda Sai (N.R.: 20/07/2011)
• Una nazione saccheggiata (N.R. 29/09/2011)
• Fonsai affonda. Authorities, andate a bordo, cazzo! (N.R. 24/01/2012)
• Fonsai e la stanza del buco (N.R. 8/02/2012)
• Consob contesta il bilancio Fonsai (N.R. 25/06/2012)
Ebbene, tutte le cose che dicevo si sono rivelate corrette, Fonsai era una delle peggiori compagnie del mercato, divoratrice di soldi e collezionista di sanzioni. Una sorta di re Mida alla rovescia dove tutto quel che toccava non diventava precisamente oro … Del resto lo chiesi a chiare lettere all’Isvap il 24 gennaio dell’anno scorso: signori dell’Isvap, per favore, salite una buona volta a bordo della Fonsai e guardate il marcio putrido e avariato prodotto in questi anni. Gli azionisti, gli impiegati e gli assicurati vi chiedono di comportarvi come il capitano Gregorio De Falco, perché è lì che vogliono stare, a bordo, sicuri in una grande compagnia senza rischiare di rovesciarsi e poi affondare. Andate a bordo, cazzo!
L’incapacità di gestione si trasmette alle proprie controllate, come se la dirigenza avesse nel DNA un cromosoma di malagestio che trasforma i dirigenti in nemici intolleranti del fare, che mandano avanti la baracca in una spirale di aporia assicurativa traboccante di attività ottuse e ripetitive. Quando la SAI acquisì la Sasa, questa aveva un combined ratio (rapporto tra il totale dei costi più sinistri sul totale dei premi) di poco più del 90% (dev’essere minore di 100 affinché ci sia redditività) e trasmettendo il cromosoma di malagestio riuscì a portarlo a quasi il 112% in poco tempo. Tutti si chiedono ancora perché ci è voluto tanto tempo affinché l’Isvap intervenisse. Forse anche per questo l’ormai ex-Isvap (adesso Ivass) è passato sotto la Banca d’Italia, incapace com’era di “salire a bordo” e vigilare sull’industria delle polizze.
Vorrei adesso accendere una luce su un’altra compagnia che potrebbe nei prossimi anni mostrare qualche defaillance. Lo dico, per così dire, in tempi non sospetti. A dire il vero, non si tratta di una compagnia vera e propria ma di una cooperativa quotata, con sede a Verona. I soci sono circa 24 mila. Avrete capito di chi si tratta? Se non ancora, aggiungo: prima di ogni assemblea c’è la funzione religiosa. Avete indovinato. Si tratta della Cattolica. Da anni i soci hanno un malcontento di fondo e tempo fa i vertici dell’azienda decisero di zittire i mugugni attraverso un ammodernamento e così pensarono di debuttare in internet con un blog puntellato dagli agenti della compagnia che a sua volta sostenevano il vertice. Com’è noto, quando un gruppo di agenti sostiene fortemente la dirigenza c’è sempre qualcosa sotto. Il più delle volte significa che questi agenti tengono i testicoli del top management ben stretti nelle loro mani oppure riescono a mettere al vertice uno di loro, un venditore in poche parole. Ed è quello che succede in Cattolica.
Lo showdown degli agenti impegnati nel blog a sostenere il top management ha visto altri agenti storcere il naso perché le iniziative pubbliche di sostegno di agenti al vertice fanno semplicemente ridere; è come se un gruppo di topi sostenesse un gatto. Perciò anni fa alcuni nodi sono incominciati a venire al pettine e alcune associazioni di soci accusarono i vertici (il presidente Bedoni e l’a.d. Mazzucchelli) di scarsa brillantezza e … di scarsa trasparenza!
Ma signori, vien da dire, lo sapevate da dove proviene Mazzucchelli? Dalla corte di Ligresti. Fu scelto dall’a.d. l’(in)Fausto Marchionni per far fuori i vertici della Sasa (che se ne intendeva di assicurazioni – come è usuale a Trieste) per sostituirlo con un altro “vertice” (che non capiva niente di assicurazione) e con il mandato di “risanare” i conti. Tradotto dal linguaggio di massoneria assicurativa significa gonfiare le riserve e poi sgonfiarle facendo apparire utili. Gioco molto semplice dato che l’allora azionista di riferimento, la Cofiri di Roma, (senza alcuna conoscenza assicurativa) che cedette la compagnia al gruppo Ligresti fu obbligata poi ad aggiungere una barca di miliardi delle vecchie lire (gonfiamento delle riserve) che poi sono serviti negli anni successivi a farli affiorare come utili.
Anni fa il giornalista Bernardo Soave si domandava perché il fondo Clessidra avesse offerto così poco per la Sasa chiedendo anche una garanzia sulle riserve di 40 milioni e si rispose che ciò era dovuto ai risultati deludenti di Sasa e poi si chiese come si era potuto verificare tale disastro e la risposta fu che ciò era dovuto alla guida di un certo Mazzucchelli che “realizzò una politica di espansione molto aggressiva e una selezione dei rischi assai disinvolta”.
Come tutti i manager rampanti, Mazzucchelli, dopo aver fatto il presunto risanamento (con il gioco delle riserve facilitato dall’ingenua Cofiri) saltò su un altro cavallo portando con sé la fama del successo ottenuto: miglioramento dei conti in pochi anni grazie a una politica di tagli (di testa) e duro lavoro. Purtroppo non è oro tutto quel che luccica e dietro queste parole non c’è quasi mai nulla ma solo la volontà di continuare a fare i giochetti con le riserve per far apparire utili finti e accontentare azionisti sonnambuli. Alcuni personaggi nei vertici assicurativi sono l’equivalente manageriale dei nostri politici: voltagabbana e populisti che cedono alla facile tentazione di accontentare il popolo (in questo caso gli azionisti). Fare il pifferaio è il lavoro più apprezzato nel nostro Paese perché si trova sempre una massa incantata disposta a correre dietro la musica degli utili ottenuti facilmente.
Cattolica ha molte associazioni di soci (Ascat, Unica, Apaca) però ultimamente è nata una nuova associazione di minoranza (Associazione Amici di Cattolica presieduta da Giuseppe Riccardo Ceni) molto agguerrita che voleva un rappresentante in consiglio con obiettivi formalmente costruttivi (più partecipazione del territorio, prodotti migliori, ecc.) ma in realtà l’obiettivo era presumibilmente un altro, quello di poter controllare i conti dal di dentro data la loro scarsa chiarezza e cercare di spiegare il presunto risanamento del combined ratio che viaggiava attorno al 109 per cento ed è stato riportato un paio di anni fa al 97,5% e poi al 96,1% nel primo semestre dell’anno scorso. Lo dico, torno a ripetere, in tempi non sospetti. Il cromosoma di malagestio si trasmette facilmente e può rischiare di fare di Cattolica un immondezzaio come la gestione Marchionni/Ligresti fece con SAI.
C’è una regola della quale non si sfugge: peggiore è la compagnia e più alti sono i compensi agli amministratori. Marchionni, ad esempio, era il manager più pagato (ancora di più dell’a.d. delle Generali) e da questo punto di vista i compensi agli amministratori della Cattolica sono passati da 2,8 milioni nel 2004 a 5,7 milioni nel 2009. Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere. Non vorremmo leggere tra qualche tempo di un eventuale tracollo di Cattolica e non vorremmo che un altro giornalista, un altro Bernardo Soave si debba chiedere come sia potuto accadere. La risposta la conosciamo già ed è sempre la stessa. Per concludere quindi: coraggio Ivass! Accertati che il cromosoma della malagestio non sia stato trasferito, dal Mazzucchelli, dalla corte Ligresti alla Cattolica.