Per le potenti lobby gli unici vantaggi dal taglio dei parlamentari
Marco Gentili*
Il 29 marzo si avvicina e con esso il voto del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Tuttavia il dibattito sull’argomento non decolla, tanto meno si avviano approfondimenti di carattere politico o di diritto e a parte qualche rara eccezione i partiti, che quasi all’unanimità hanno varato questa sciagurata riforma, sembrano molto restii a scendere il campo.
La prima considerazione da fare è che le maggiori forze politiche presenti in Parlamento non hanno avuto la sensibilità di sottoporre la modifica costituzionale al giudizio popolare, al contrario dei 71 senatori che invece hanno sottoscritto la richiesta di referendum confermativo. È quindi grazie a loro che oggi si può aprire una riflessione e un dibattito sul rapporto elettori ed eletti, il ruolo delle commissioni parlamentari, la soglia numerica del voto di fiducia, i costi dei dipendenti del Parlamento, l’omogeneità dei collegi elettorali, la rappresentanza delle liste minori e delle minoranze linguistiche, quest’ultimo argomento giustamente sottolineato dalla senatrice Tatiana Rojc.
La seconda considerazione è che modificare solo l’aspetto del numero dei parlamentari senza una revisione complessiva della legge fondamentale dello Stato, come hanno fatto notare autorevoli costituzionalisti, altera gli equilibri tra i poteri e manda al macero i regolamenti parlamentari. Senza una loro revisione immediata, il Parlamento è destinato ad una paralisi completa. Altro che maggiore efficienza!
Il potere legislativo già indebolito ed espropriato dal potere esecutivo, per l’abuso dei decreti legge e dei voti di fiducia, è stato costretto a ridursi più a un “votificio” che a un Parlamento, una camera dei partiti più che a una camera dei deputati; e sarebbe definitivamente depotenziato con il taglio dei parlamentari. Se a questo poi si aggiungono altre scellerate “riforme” annunciate come l’introduzione del referendum propositivo e del vincolo di mandato e l’abolizione, di fatto, del referendum abrogativo e della proposta di legge di iniziativa popolare, il cerchio si chiude.
La domanda centrale a questo punto è: a chi giova? Chi ne trae vantaggio? Non i cittadini che vedrebbero, a fronte di un risparmio economico ridicolo, diminuire la loro rappresentanza politica e gli strumenti per essere protagonisti e non sudditi. Saranno invece le potenti lobby in circolazione, grazie al loro potere di “persuasione”, nel segreto delle commissioni parlamentari e con maggioranze esigue, che avranno gioco facile.
L’ultima considerazione è più un auspicio. Spero che la campagna referendaria non si trasformi in un concerto per solisti del “No” o del “Sì”, ma sia un luogo di confronti diretti tra i protagonisti delle due opzioni in modo che gli elettori, valutando e confrontando le argomentazioni a favore e contro, possano onorare l’appuntamento del 29 marzo in maniera informata e consapevole.
* Partito Radicale
Comitato Radicale “C’è chi dice NO“