Referendum come grimaldelli

firma

IL PICCOLO (Nazionale) 02/09/2013 – REFERENDUM COME GRIMALDELLI

l’opinione

LA MOSSA Di silvio Ha firmato i quesiti contro l’otto per mille alla Chiesa cattolica, o l’abrogazione del reato di clandestinità

di DINO AMENDUNI

Alla fine, dopo un mese di indiscrezioni e smentite, Silvio Berlusconi ha firmato per i referendum dei Radicali sulla giustizia. Nella piattaforma programmatica “Giustizia giusta”, ha trovato alcuni suoi grandi cavalli di battaglia, come la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri («come diceva Giovanni Falcone», recita la sezione dedicata sul sito www.referendumradicali.it), o la responsabilità civile dei magistrati («perché non si ripetano più processi-mostro come quello su Enzo-Tortora»), insieme alla misura che intende imporre il ritorno dei magistrati impegnati in gabinetti legislativi al loro ruolo originario («eliminando la commistione tra magistratura e alta amministrazione»), fino a misure apparentemente più distanti dalla cultura politica di destra, come l’abolizione dell’ergastolo o dell’abuso della custodia cautelare.

La notizia politica sta però nella scelta di firmare anche gli altri referendum, che sono accorpati sul sito dei Radicali ma fanno in realtà capo a un altro ente proponente e a un altro sito (“Cambiamo noi”). Berlusconi, per quel che si sa, è il primo leader politico nazionale ad aver firmato per un referendum che permetta agli italiani di valutare l’abolizione dell’otto per mille obbligatorio alla Chiesa cattolica, l’abrogazione del reato di clandestinità, l’eliminazione del ricorso a pene detentive per piccoli reati legati al consumo e alla coltivazione di droghe leggere, l’eliminazione dei tre anni obbligatori di separazione prima del divorzio (divorzio breve), l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Ma se sulla giustizia, la motivazione a firmare è politica (quanto personale), e sull’abolizione al finanziamento pubblico ai partiti il fronte a favore è assolutamente trasversale agli schieramenti, almeno a parole, negli altri quattro casi Berlusconi non aveva alcun interesse diretto a sostenere questa battaglia referendaria.

Al contrario, possiamo considerare il centrodestra contrario al ripensamento della Bossi-Fini o della Fini-Giovanardi, così come è difficile immaginare un Pdl improvvisamente ostile al Vaticano. Ieri Berlusconi, su Facebook, ha provato persino a dare lezioni di liberalismo puro, affermando di essere andato a sottoscrivere i referendum su proposte da lui non condivise per «affermare il diritto degli italiani ad esprimersi liberamente con il voto». Se Berlusconi non fosse Berlusconi, e se il centrodestra nel 2011 non avesse provato ad azzoppare la consultazione su acqua pubblica, legittimo impedimento e nucleare invitando gli italiani a non andare a votare, facendo cioè esattamente il contrario di ciò che sbandierava ieri, bisognerebbe quasi battere le mani davanti a tale apertura di pensiero. Ma è ovviamente (e purtroppo) un’apertura strumentale, funzionale solo a tenere viva la fiammella del plebiscitarismo come soluzione dei problemi giudiziari, per continuare a sostenere una delle equazioni più eversive della storia politica d’Italia, quella per cui la legge deve essere “sospesa” nei confronti di chi può vantare milioni di voti a suo sostegno.

Ora è difficile stabilire se questa firma favorirà i comitati referendari e se l’aumento di visibilità compenserà la sensazione di diventare complici involontari dell’ennesima forzatura mediatica da parte di Berlusconi. Su un aspetto, però, ci si può sbilanciare sin da ora: questi giochi funzionano solo perché dall’altra parte, come spesso accade, non c’è identità di vedute. Se il centrosinistra, in questi anni, avesse avuto la forza e il coraggio di adottare una linea unitaria su giustizia, immigrazione, droghe leggere, contributi economici alla Chiesa Cattolica, diritti civili (il minimo indispensabile, per chi vuole governare l’Italia), Berlusconi non avrebbe mai potuto prestare il fianco ad azioni referendarie così tanto lontane dagli interessi del suo elettorato storico.

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