Bufera sul quorum fallito – Il caso approda in Senato

IL MESSAGGERO VENETO (Gorizia) 14/06/2011 – Bufera sul quorum fallito Il caso approda in Senato

di Flavio Nanut

I tre referendum comunali non hanno raggiunto il quorum. Non lo hanno nemmeno sfiorato, assestandosi sul 24,9 per cento di votanti. Meno della metà del 50% più uno necessario a convalidare la consultazione popolare, la prima del genere a Gorizia. Ma per i promotori la colpa ha un nome e un cognome, quello del sindaco: Ettore Romoli. La polemica divampa a tal punto che il caso si sposterà dalla periferia per approdare in Senato.

La vicepresidente e leader dei radicali, Emma Bonino, presenterà un’interrogazione allo scopo di capire i motivi del flop. O, meglio, per fare luce sul comportamento del Comune. Pietro Pipi, che della Bonino è collega di partito, si fa portavoce del malcontento degli organizzatori: «Romoli si è comportato in maniera autoritaria – tuona l’esponente radicale goriziano – perchè amministra la cosa pubblica come se fosse qualcosa di privato. Non ha speso nulla per fare informazione sui referendum, non ha convocato una seduta straordinaria del consiglio comunale, visto che per Gorizia si trattava di una prima volta e ha impedito il buon esito della consultazione lasciando un giorno soltanto per il voto e un unico seggio per plesso scolastico, quando per i quesiti nazionali le sezioni erano almeno sei.

Le code, così come è successo, erano inevitabili. Il sindaco ha sbagliato – rincara la dose Pipi – e il suo atteggiamento grida vendetta». Non meno tenere le considerazioni dell’ex assessore regionale Roberto Antonaz (Rifondazione comunista): «Romoli e la sua giunta attribuiscono il mancato raggiungimento del quorum all’abbinamento con la scadenza referendaria nazionale? E’ vero – rimarca l’esponente di Rc – esattamente il contrario: se si fosse votato anche a Gorizia come a Milano, il 50% più uno non sarebbe mancato. Quando il Comune aveva detto che non era possibile far coincidere i seggi delle due consultazioni pensavamo che un approfondimento tecnico fosse stato effettuato. In realtà, si è trattato di una scelta politica per rendere inoffensivi i referendum comunali e far passare ogni voglia in merito anche per il futuro.

I goriziani – conclude Antonaz – sono stati ingannati». Chiamato in causa, il primo cittadino accetta la sfida e passa al contrattacco. «E’ mancata l’informazione? Dovevano farla i promotori», taglia corto. E aggiunge: «Si è votato soltanto la domenica perchè c’è un regolamento che non ha fatto il sottoscritto, ma che risale ai tempi della giunta Valenti: prevede, in caso di referendum comunali, che le urne rimangano aperte in un’unica giornata. Non si possono cambiare le norme – sottolinea il sindaco – a seconda che piacciano o meno. Vanno accettate e gli organizzatori della consultazione le conoscevano». Ma non basta.

Romoli rinfodera il fioretto e sguaina la spada. Non ci sta a passare come il demiurgo di un’operazione creata ad arte per far affondare l’iniziativa referendaria. «La verità – attacca – è che quei tre quesiti erano troppo tecnici. Abolizione del quorum, istituzione della delibera di iniziativa popolare, comitato dei garanti: la gente ha mostrato di non essere interessata. Forse perchè gli argomenti in grado di attirare attenzione e curiosità sono altri: magari l’ascensore per il castello, i lavori per abbellire il corso, le mense scolastiche». E sulle accuse di aver male organizzato la distribuzione dei seggi, la chiosa finale: «Se si sono create file nelle sezioni la colpa non è del Comune».

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