Consob contesta il bilancio Fonsai
NOTIZIE RADICALI 25/06/2012 – Consob contesta il bilancio Fonsai
Spesso nella vita non sono le persone a darti ragione, ma il tempo. Il tempo è galantuomo si dice, e in effetti è un po’ così. In tante occasioni ho parlato su queste colonne di Fonsai, il peggior gruppo assicurativo nazionale, governato da un management assicurativo costituito di buoni a niente e capaci di tutto che possiede un dono speciale: quello di perdere denaro e far perdere a chi malauguratamente investe nelle loro azioni. L’incapacità di gestione varie volte denunciata ha fatto collezionare al gruppo una quantità impressionante di multe. Questa incapacità si è trasmessa alle proprie controllate, come se la dirigenza avesse nel DNA un cromosoma di malagestio che trasforma i dirigenti in nemici intolleranti del fare, barboncini dal pensiero unico conformista che mandano avanti la baracca in una spirale di aporia assicurativa traboccante di attività ottuse e ripetitive.
Da queste colonne è partita, ormai da anni e in tempi non sospetti, la richiesta di pulire quell’immondezzaio che la gestione Marchionne aveva contribuito a creare. Ora, dopo tante denuncie, finalmente anche la Consob ha deciso di metterci il naso dentro. Risultato: il bilancio 2011 approvato lo scorso aprile “non è conforme ai criteri contabili Ias”. Pare che siano stati violati tre principi contabili internazionali su una posta da 517 milioni relativa alle riserve tecniche. Non c’è da sorprendersi. Si tratta sempre dello stesso problema, cioè quello della modalità di esposizione in bilancio della rivalutazione delle riserve tecniche. La stima dei debiti per sinistri, tanto per intenderci. Se una compagnia deve mettere 100 a bilancio per quanto riguarda la stima sui sinistri che andrà a pagare e invece ne mette 80, è chiaro che quei 20 mancanti appaiono come un utile laddove ci dovrebbe essere un debito.
La posta di 517 milioni di euro (di cui 203 milioni riferiti a Milano Assicurazioni) riguarda la stima relativa a sinistri generati negli esercizi precedenti. E’ evidente che tale importo non è stato stimato correttamente. Difficile pensare a un errore di sbaglio (come si usa dire negli ambienti assicurativi agli errori in buona fede). Nel ramo vita le riserve -dette riserve matematiche- hanno una formula universalmente riconosciuta, nei rami danni, invece, le riserve sono “stimate” con diversi metodi, tutti più o meno riconosciuti. L’importante è non cambiare metodologia di calcolo da un anno all’altro, cavalcando il metodo che in quell’anno può apparire migliore ai fini di bilancio. E’ molto probabile che la Consob abbia scoperto che il management di Fonsai ha cambiato tali metodi di stima. L’espressione “carenza procedurale”, fa pensare che nel marasma di numeri si è cercato di far passare sottobanco una svista dovuta ad un errore di valutazione, o a stime non coerenti o a cambiamenti di principi contabili. Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Nel bilancio approvato dall’assemblea ordinaria di FonSai, la rivalutazione totale della riserva sinistri era di 810 milioni. L’esercizio è stato chiuso con una perdita di oltre un miliardo. Per evitare la bancarotta bisognava cercare un partner che è stato individuato in Unipol. Solo che questa legnata del bilancio non conforme ai principi contabili, arriva nel momento in cui l’Antitrust aveva dato il suo benestare all’operazione di integrazione fra la compagnia dei Ligresti e Unipol. Adesso FonSai ha dieci giorni per rispondere alla valutazione di non conformità del bilancio emesso dall’autorità di vigilanza sulla Borsa e se poi alla Consob la risposta non dovesse convincere (come probabilmente accadrà) allora potrà chiedere alla Fonsai, in conformità all’art. 154-ter del T.U. della finanza, “di rendere pubblica tale circostanza e di provvedere alla pubblicazione delle informazioni supplementari necessarie a ripristinare una corretta informazione del mercato”. Curiosamente, i dieci giorni scadono il 1° luglio, data che per le assicurazioni ha una forte valenza simbolica dato che tutti gli eventi si suppongono uniformemente distribuiti, anche la riscossione dei premi ed il pagamento dei sinistri, perciò i calcoli matematici delle riserve si fanno come se tutto accadesse a metà anno, il 1° luglio appunto. Verrebbe da pensare che anche la quantità di batoste che sta ricevendo Fonsai, si distribuisce uniformemente: un giorno sì e l’altro pure.
Quando 10 anni fa quella creatura anomala che era Fonsai rilevò il gruppo Sasa, subito l’addentò non lasciando il tempo soprattutto a Sasa Vita di continuare con lo sviluppo programmatico approvato dal precedente Cda che stava dando grossi risultati in termini di innovazione di prodotto. Ma come si dice a Trieste, “fame xè fame”, e quindi i capaci di tutto misero al governo della compagnia dei buoni a nulla con l’obbligo di vendere i prodotti obsoleti di Fonsai al posto di quelli innovativi. A nulla valse cercare di dimostrare la superiorità tecnica dei prodotti di Sasa. I buoni a nulla si comportarono come cani da guardia lasciando i loro padroni spolpare le compagnie in cambio di qualche osso passato sotto il tavolo. Fu una disperazione vedere la stolidezza sesquipedale dei nuovi dirigenti che dovendo salvarsi in un mare in tempesta e non sapendo nuotare si aggrappavano a qualunque cosa galleggiasse. Affondandola.
Chissà se oltre alla Consob, anche l’Isvap avrà il coraggio di andare ad indagare fino in fondo nella gestione di quel management dalla faccia ottusa che avendo un rapporto bovino con il mondo assicurativo si comportarono come se mangiassero anabolizzanti per bestiame di allevamento. Quelli che collezionarono una quantità sconcertante di sanzioni, quelli che si buscarono la multa più alta della storia delle assicurazioni, quelli che diedero copertura assicurativa al disastro aereo dell’ATR del 12 novembre del 1999, nel Kosovo. Sì perché questa storia non è mai stata guardata da nessun giudice. Quel giorno l’ATR decollò senza che fosse stato pagato il premio assicurativo. I nostri supereroi capaci di tutto chiusero un occhio (anzi chiusero tutti e due) e non informarono l’Enac (Ente nazionale aviazione civile) che ovviamente non avrebbe lasciato che l’aereo si alzasse in volo, salvando così 24 vite umane. Certo, la compagnia pagò tutto subito, ma lo fece buggerando i riassicuratori. Come ho detto altre volte, questo management incapace ha avuto nei confronti di Sasa la stessa attenzione che un branco di hooligans di fronte alle petunie dei giardinetti. Ora i nodi stanno venendo al pettine, le authorities stanno finalmente cominciando a guardare dentro. Il vaso di Pandora si sta scoperchiando…
Walter Mendizza